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La carrozza di Gurdijeff: la metafora della condizione umana

Il famoso filoso e maestro armeno Gurdjieff, utilizzava spesso la metafora della carrozza per descrivere la condizione dell’essere umano.

In questa illustrazione, i cavalli rappresentano le emozioni, il cocchiere rappresenta la mente, la carrozza il nostro apparato fisico, mentre l’anima (la coscienza) è il passeggero.

Gurdjieff  sottolinea che, nella maggior parte della nostra vita, il passeggero è dormiente. Di conseguenza la carrozza viene lasciata nelle mani della mente e, nella peggiore delle ipotesi, delle emozioni.

Da questo deduciamo che se non è l’anima (la coscienza) a guidare la nostra vita, saremo in preda alla mente e alle emozioni, con le inevitabili conseguenze che conosciamo tutti.

In questo contesto le emozioni risultano la forza trainante che fa andare avanti la carrozza, ma non possono andare senza direzione, c’è bisogno del cocchiere che li indirizzi.

Ma se il cocchiere non è presente o non è in grado? Ecco che allora saranno le emozioni a guidarci, come dei cavalli a briglia sciolta!

Il lavoro che dobbiamo fare è quello di ascoltare il passeggero, la nostra anima che sa sempre qual è la direzione giusta da prendere, mentre il cocchiere (la mente) deve semplicemente condurre la carrozza.

Gurdjieff  in sostanza faceva notare ai suoi allievi come la coscienza è assopita e la necessità quindi di risvegliarla, togliendo il “pilota automatico” che gestisce la nostra macchina biologica.

Anche se questo è un periodo di risveglio della coscienza, ancora molti di noi vivono in modo addormentato, distaccati dalla propria anima e guidata dall’ inconscio .

La prima cosa da fare è osservare: quali sono i nostri schemi mentali e abitudini che condizionano la nostra vita?

Successivamente possiamo iniziare un percorso di consapevolezza per ritrovare la nostra direzione e rimetterci alla guida della nostra carrozza!

Ti lascio con un estratto del maestro:

“La condizione fondamentale dell’uomo è il sonno; l’uomo è addormentato, la sua coscienza è ipnotizzata, confusa; egli non sa chi è, non sa perché agisce, è una specie di macchina, un automa, cui tutto “succede”; non ha il minimo controllo sui propri pensieri, sulle proprie emozioni, sulla propria immaginazione, sulla propria attenzione; crede di amare, di desiderare, di odiare, di volere, ma non conosce mai le vere motivazioni di questi impulsi che compaiono e scompaiono come meteore; dice “io sono”, “io faccio”, “io voglio”, credendo di avere davvero un ego unitario, mentre è frammentario in una moltitudine di centri che di volta in volta lo dominano; si illude di avere coscienza di sé, ma non può svegliarsi da sé, può soltanto sognare di svegliarsi; pensa di poter governare la propria vita, ma è una marionetta diretta da forze che ignora; trascorre l’intera esistenza nel sonno e muore nel sonno; passa tutto il tempo in un mondo soggettivo cui non può sfuggire; non è in grado di distinguere il reale dall’immaginario; spreca le proprie energie a inseguire cose superflue; e solo qualche volta si rende conto che non è soddisfatto, che la vita gli sfugge, che sta sciupando l’occasione che gli è stata offerta.”
George Ivanovic Gurdjieff

2 commenti su “La carrozza di Gurdijeff: la metafora della condizione umana”

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