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La preghiera corretta non è mai perciò una preghiera di supplica, ma una preghiera di ringraziamento.

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Buongiorno ☀️

Oggi Vi riporto un bellissimo paragrafo di un libro “ Conversazioni con Dio”

Spero possa essere d’aiuto e far come sempre scattare qualcosa dentro di voi.🙏🏻

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Questo significa che non posso fare domande su qualsiasi cosa desideri?

Stai dicendo che pregare per qualcosa in effetti allontana questo qualcosa da noi?

Questa è una domanda che è stata posta più volte nel corso dei secoli, e ha ottenuto risposta ogni volta che qualcuno l’ha formulata.

Eppure tu non hai udito la risposta, o non vuoi prestarvi fede. A tale domanda viene di nuovo data risposta, nei termini e nel linguaggio odierno, in questo modo: Non avrai quello che chiedi, né puoi avere qualsiasi cosa tu voglia. Questo perché la tua stessa richiesta è una dichiarazione che ti manca qualcosa, e il tuo dichiarare di desiderare questo qualcosa funziona soltanto nel senso di dar luogo a quella precisa esperienza: il senso della mancanza, nella tua realtà.

La preghiera corretta non è mai perciò una preghiera di supplica, ma

una preghiera di ringraziamento.

Quando ringrazi Dio in anticipo per quello che scegli di sperimentare nella tua realtà, tu, di fatto, riconosci che ciò esiste… in effetti.

La riconoscenza è perciò la dichiarazione più potente nei confronti di Dio; una affermazione di come, ancor prima che si chieda, lo ho risposto.

Percio, non bisogna mai supplicare. Ma apprezzare.

Ma che cosa succede se sono grato a Dio in anticipo per qualcosa, e il qualcosa non si verifica mai? Ciò potrebbe condurre a delusioni e amarezza.

La gratitudine non può rappresentare un mezzo tramite il quale manipolare Dio; un espediente con cui farsi beffe dell’universo. Non si può mentire a sé stessi. La tua mente conosce la verità dei tuoi pensieri.

Se stai dicendo: «Grazie, Dio, per questo e per quest’altro», mentre nel frattempo ti è molto ben chiaro che tutto ciò non è presente nella tua attuale realtà, non puoi aspettarti che Dio sia meno consapevole di quanto lo sia tu, e che perciò lo metta in atto per te. Dio sa quello che tu sai, e quanto tu sai è ciò che appare come la tua realtà.

Ma allora come faccio a essere davvero grato per qualcosa che so non esistere?

Con la fede. Se hai soltanto tanta fede quanta equivale a un seme di senape, riuscirai a muovere le montagne. Giungerai a sapere che esiste perché lo ho detto che esiste, perché sono stato lo a dirlo; ancora prima che tu formulassi una domanda ho risposto; perché ho detto e l’ho detto a te in ogni concepibile modo, per mezzo di ogni maestro tu possa nominare, che qualsiasi cosa tu scelga, scegliendola in Mio Nome, così sara.

Eppure un gran numero di persone sostiene di aver visto esaudite le sue preghiere.

Nessuna preghiera, e una preghiera non è niente più di una fervida

dichiarazione di ciò che è in tal modo, resta inascoltata. Ogni preghiera – ogni pensiero, ogni dichiarazione – è creativa. Secondo il livello in cui viene con fervore considerata una verità, a quel livello verrà resa manifesta nell’esperienza. Quando si dice che una preghiera è stata esaudita, quanto è in realtà accaduto è che il pensiero, la parola o il sentimento albergato con il più grande fervore è diventato operativo.

Eppure dovresti saperlo – e qui sta il segreto, è sempre il pensiero dietro il pensiero, quello che si potrebbe definire il Pensiero Promotore, a rappresentare il pensiero che domina.

Perciò, se preghi e supplichi, c’è una minore possibilità che tu sperimenti quanto pensi di aver scelto, perché il Pensiero Promotore dietro ogni supplica è che non possiedi adesso quello che desideri. E questo Pensiero diventa la tua realtà.

II solo Pensiero Promotore capace di prevalere su questo pensiero è quello riposto nella fiducia che Dio esaudirà qualsiasi cosa venga chiesta, senza fallo. C’è chi possiede una fede del genere, ma ad averla sono in pochi.

Il procedimento della preghiera diventa assai facile quando, invece di dover credere che Dio dirà sempre di si a ogni richiesta, una persona si rende conto grazie all’intuito che la richiesta stessa non è necessaria.

Allora la preghiera è una preghiera di ringraziamento. Non è affatto una richiesta, bensi una dichiarazione di gratitudine per quello che è com’è.

Quando affermi che una preghiera è una dichiarazione di come stanno le cose, stai dicendo che Dio non fa nulla, che tutto quanto accade dopo una preghiera è una conseguenza dell’azione della preghiera?

Se credi che Dio sia un essere onnipotente che ode tutte le preghiere, e dice «si» a qualcuna, «no» ad altre, e «forse, ma non adesso» a quelle che restano, ti stai sbagliando. In base a quale regola stravagante si troverebbe a decidere Dio? Se credi che Dio sia il creatore e l’arbitro di tutte le cose nella tua vita, ti stai sbagliando. Dio è colui che osserva, non colui che risolve i problemi. E Dio è pronto ad assisterti mentre tu vivi la tua vita, ma non nel modo in cui ti puoi aspettare. Non è compito di Dio quello di creare o di distruggere le circostanze o le condizioni della tua esistenza. Dio ti ha creato a Sua immagine e somiglianza. Tu hai creato il resto, per mezzo del potere che Dio ti ha conferito. Dio ha creato

il corso della vita e la vita stessa come tu la conosci. Ma Dio ti ha dato il «libero arbitrio», per fare della tua vita quello che preferisci.

In questo senso la tua volontà per quello che ti riguarda è la volontà di Dio nei tuoi confronti. Stai vivendo la tua vita nel modo in cui la vivi, e lo non ho preferenze in materia. Questa è la grande illusione in cui ti sei trovato preso: quella che Dio si curi in un modo o nell’altro di quello che fai. Non Mi importa quello che fai, e questo è duro per te da accettare. A te forse importa quello che fanno i tuoi figli quando li mandi fuori a giocare? E una questione che ha qualche conseguenza per te se giocano a prendersi o a nascondino o a mosca cieca? No, non lo è, perché sai che sono del tutto al sicuro. Li hai sistemati in un ambiente che consideri amichevole e molto adatto a loro.

Naturalmente speri sempre che non si facciano del male. E se dovesse accadere, tu saresti là pronto ad aiutarli, a medicarli, a consentire loro di trovarsi di nuovo al sicuro, di essere di nuovo felici, e di andare una volta di più a giocare il giorno dopo. Ma se scelgono di giocare a nascondino, o a mosca cieca non ti interesserà nulla, nemmeno il giorno dopo.

Dirai loro, questo è certo, quali giochi sono pericolosi. Ma non puoi impedire ai tuoi figli di fare cose in cui possano venirsi a trovare in pericolo. Non sempre. Non per sempre. Non in ogni momento da qui alla morte. I genitori saggi sono quelli che se ne rendono conto. Eppure i genitori non smettono mai di preoccuparsi delle conseguenze. E questa dicotomia – quella di non preoccuparsi seriamente di come si svolgono le cose, ma di preoccuparsi seriamente dei risultati – che riesce a descrivere in maniera appropriata l’azione di Dio.

Eppure Dio, in un certo senso, non si deve nemmeno preoccupare delle conseguenze. Non delle conseguenze estreme. Questo perché le estreme conseguenze sono certe. E questa è la seconda grande illusione dell’uomo: che l’esito della vita sia in dubbio. È stato questo dubbio circa le estreme conseguenze a creare il vostro maggiore nemico: la paura.

Perché se dubitate delle conseguenze, allora dovete dubitare del

Creatore, dovete dubitare di Dio. E sarete costretti a vivere nella paura e nel senso di colpa per tutta la vita. Se dubitate delle intenzioni di Dio – e della capacità di Dio di dar luogo a questo estremo esito – allora come potrete mai rilassarvi? Come potrete mai trovare davvero la pace?

Ma Dio ha il pieno potere di far coincidere le intenzioni con i risultati.

Non potete e non volete credere in questo (anche se sostenete che Dio è

onnipotente), e perciò dovete creare nella vostra immaginazione un potere equivalente a Dio, allo scopo di riuscire a trovare un modo in cui la volontà di Dio sia contrastata. E così avete dato vita nella vostra mitologia all’essere che chiamate «diavolo». Avete addirittura immaginato un Dio in guerra con questo essere (pensando che Dio risolva i problemi nel modo in cui li risolvete voi). In ultimo, avete in effetti immaginato che Dio possa perdere questa guerra.

Tutto questo viola ogni concetto che dichiarate di avere a proposito di Dio, ma ciò non conta. Vivete la vostra illusione, e cosi vi trovate in preda alla paura, derivante nella suo totalità dalla decisione da voi presa di dubitare di Dio. Ma che cosa succederebbe se prendeste una decisione diversa? Quale sarebbe allora il risultato?

Vi dico questo: dovreste vivere come visse Buddha. Come visse

Gesù. E come ha vissuto ogni santo che abbiate mai adorato. Eppure, come è accaduto a molti di loro, la gente non vi capirebbe. Se cercaste di spiegare tale senso di pace, la gioia nella vita, l’estasi interiore, le vostre parole sarebbero udite, ma non ascoltate. Si cercherebbe di ripeterle, si farebbero delle aggiunte. Ci si meraviglierebbe di come abbiate potuto raggiungere quanto ad altri era stato impossibile conseguire. E questo susciterebbe gelosie. Ben presto la gelosia si trasformerebbe in rabbia, e nella sua rabbia la gente cercherebbe di convincervi che siete voi a non riuscire a capire Dio.

E qualora fosse impossibile distogliervi dalla vostra felicità, tenterebbero di farvi del male, tanta sarebbe la loro collera. E quando direste loro che ciò non ha importanza, che nemmeno la morte riuscirebbe a sottrarvi la gioia né a cambiare la verità, senza dubbio vi ucciderebbero. Poi, vista la serenità con la quale accettereste la morte, vi definirebbero «santo», e ricomincerebbero ad amarvi. Perché è nella natura delle persone amare, poi distruggere, poi amare di nuovo quello che per esse vale di più.

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